PROVA di COSTUME

FABRIZI-NINCHIdi Elena DDV Dragotto

Lo scenario che si incontra oggi sulle spiagge è decisamente diverso da quello di quando ero una bambina, negli anni tra i ’50 e i ’60. Scenari che molti conoscono anche per alcuni film di quegli anni ambientati sul litorale laziale o sulla riviera romagnola.

Io e la mia famiglia andavamo a Fregene, litorale laziale, la domenica, e, come la maggior parte dei bagnanti della domenica, si organizzava una sorta di “trasloco”, con tanto di ombrellone, seggioline, sedie a sdraio, tavolinetto richiudibile, ciambelle colorate (salvagenti), radiolina, pallone e le immancabili teglie piene di cibo profumato da azzannare, pesanti quanto un buco nero e della superficie di un campo di calcio. Era una festa, la festa della domenica d’estate.

Nella mia memoria ricordo che la maggior parte degli adulti, sia uomini che donne, contenevano a malapena nei costumi interi, o ascellari per gli uomini, e nelle canottiere bianche (mitiche), lardelli di ciccia e pance prominenti, con grande nonchalance. Quasi tutti avevano quelle “forme”, ci si riconosceva, si era nella media, si andava bene così. Addirittura si “era in salute”.

Questa rilassatezza di giudizio rispetto alle proprie forme, ricordo che mi dava la voglia di muovere il mio corpo con grande libertà, certo ero una bambina, ma sembrava che per la maggior parte delle persone lì, al mare, il corpo fosse qualcosa da “mettere all’aria” e non da mostrare. In generale non ci si vergognava del proprio corpo, anche se ingombrante.

Ovviamente non sto inneggiando all’obesità, ma è indubbio che il Critico interiore (1) della maggior parte delle persone, non scopro certo l’acqua calda, da diversi anni ha preso in mano la “questione corpo”.

L’altro giorno ho visto un servizio delle Iene che indagava sugli uomini che fanno la ceretta su tutto il corpo, e si depilano le sopracciglia “ad ali di gabbiano”. L’80% di loro alla domanda della Iena: “Perché ti depili?”, hanno risposto: “Mi sento più sicuro di me”.

Le donne lo subiscono da secoli, gli uomini forse da una decina d’anni: essere colpiti nel corpo, con l’intento, da parte della società e del potere, di depotenziare. Se non ci si sente sicuri “nel proprio corpo”, se ci si deve vergognare del proprio corpo, come si può esercitare il proprio potere nella propria vita? Se dobbiamo “abbellire e infiocchettare” il nostro corpo, dove vanno a finire le nostre parti istintuali che amano un corpo libero da costrizioni e sensuale? Come si distorcono? E cosa diventano? Come e dove, così distorte, si esprimono?

 P.S.: Per la cronaca, sia io che e il mio corpo siamo anni ’50-’60….e alla prova costume, il mio Critico interiore si è espresso con un laconico: “No comment”, (sic!).

 (1)Secondo il Voice Dialogue il Critico interiore è quella parte di noi che ci critica e ci paragona costantemente agli altri, trovandoci sempre inadeguati e sbagliati.

 

Immagine di Dott.ssa Elena Dragotto

Dott.ssa Elena Dragotto

Credo profondamente nella Dinamica dei Sé e nel Voice Dialogue come approccio evolutivo, formativo e spirituale. Per questo motivo sono stata socia fondatrice e faccio parte del Direttivo di Voice Dialogue Italia – l’associazione che ha come scopo l’aggiornamento dei propri soci e la divulgazione del metodo del Voice Dialogue.

Amo il mio lavoro, amo il Voice Dialogue.

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